Lo speciale sulla Crimea: 4 anni dell’annessione

Il 18 marzo ricorre il quarto anniversario dell’annessione della Crimea. È anche stato il giorno delle elezioni presidenziali nella Federazione Russa. La data è stata stabilita appositamente in questo giorno, nonostante le edizioni precedenti si siano tenute a inizio marzo. In questa rassegna speciale l’UCMC dà uno sguardo su com’è oggi la vita quotidiana nella Penisola per chi è rimasto fedele alla cittadinanza ucraina, sfatando alcuni miti sull’annessione della Crimea e raccontando reazioni e avvenimenti riguardo le elezioni presidenziali russe in Crimea.  

La quotidianità di chi possiede il passaporto ucraino in Crimea
Sono abbastanza rari i reportage dalla Crimea dei media sia ucraini sia internazionali, poiché recarvisi non è così facile. I media internazionali devono seguire una procedura ufficiale per entrare in Crimea che comporta l’entrata dall’Ucraina continentale, altrimenti possono mettere a rischio il proprio accredito sul territorio ucraino. Comunque, tale percorso implica la necessità di essere sottoposti a controllo sia in uscita dall’Ucraina continentale, dagli organi ucraini, sia all’entrata in Crimea, dalle di fatto autorità russe; un controllo che spesso dura qualche ora. I giornalisti ucraini sono cauti nell’andare nella penisola. Questo perché i casi in cui i giornalisti si sono trovati sotto indebite pressioni oppure sono diventati degli ostaggi, sono in crescita; esempio è stato il caso del corrispondente ucraino a Parigi dell’agenzia Ukrinform Roman Suchshenko, attualmente in stato di fermo in Russia. Nonostante ciò, alla vigilia dell’anniversario dell’annessione i giornalisti del media ucraino Hromadske TV sono andati in Crimea. Hanno pubblicato un reportage sulla vita delle persone che hanno volontariamente mantenuto il passaporto ucraino, pagando il prezzo della rinuncia alla cittadinanza russa, le quali raccontano anche le vicissitudini di coloro che tentano di conservare la cultura e lingua ucraina sulla penisola. Citiamo gli episodi chiave di questo reportage.

I cittadini ucraini in Crimea che hanno rinunciato il passaporto russo. Vidmovnyky (otkazniki in russo) sono le persone che hanno rinunciato al passaporto russo dopo l’annessione nella primavera 2014 e si sono tenute la cittadinanza ucraina. Secondo i dati ufficiali russi, il numero di queste persone è pari a tre mila, mentre in realtà possono essere di più.

Perché sono restati? Oltre alle circostanze personali spesso legate a età o proprietà immobiliare, il motivo principale è stato principalmente il non voler cedere la terra natia a un Paese estraneo. “Se ce ne andassimo, immaginate, qui resteranno ancora meno persone che non sostengono l’annessione,” spiega uno degli intervistati dalla Hromadske TV.

Disoccupati. Non sono assunti né per il pubblico impiego né nelle istituzioni finanziate dallo Stato, nonostante il fatto che tale divieto che non consentirebbe di assumere i crimeani con il passaporto ucraino non esista ufficialmente. Però nell’atmosfera di paura i datori di lavoro diventano più cauti.

Senza i diritti, senza soldi. Intanto i crimeani che hanno rinunciato al passaporto ucraino e che invece hanno ottenuto il permesso di soggiorno nella Federazione Russa, sono obbligati a presentare una conferma che il loro reddito giunga almeno 111 mila rubli all’anno (un pò più di 1,5 mila euro). In una famiglia con bambini, la somma obbligatoria cresce con il numero dei bambini. Per risultare in linea con tali requisiti, le persone spesso prendono in prestito una somma di denaro da versare sul proprio conto bancario, dove i soldi restano per qualche giorno fino al momento in cui il Servizio di immigrazione russo lo avrà controllato. Svolto il controllo ed emmesso il certificato, il prestito viene restituito.

Senza una proprietà immobiliare. Per un crimeano con la cittadinanza ucraina è quasi impossibile ricevere i documenti che certifichino il diritto di proprietà per terreni o beni immobiliari, se tali documenti non sono stati registrati prima dell’annessione. Tali terreni senza una registrazione appropriata erano molti in tutta la Penisola. Andarsene e abbandonarli ora significherebbe lasciarli direttamente alle autorità di occupazione.

Senza una lingua. Una conversazione svolta in ucraino in un pullman, taxi o bar potrebbe attirare un’attenzione eccessiva e non voluta. Viene presa per un segno di dissenso e di opposizione politica. È stato abbastanza problematico per gli intervistati trovare un posto dove poter parlare ai giornalisti della Hromadske TV in ucraino. In linea generale molti sono preoccupati del fatto che gli alberghi, come posti dove parlare, siano inaffidabili poiché le conversazioni possono essere intercettate, mentre nei bar c’è sempre molta gente sconosciuta nei dintorni.

Foto: Hromadske TV. Una chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Kyiv a Simferopol.
I tre miti principali sul “ritorno” della Crimea in Russia
I miti che citiamo sotto sono tratti dal testo di Serhiy Gromenko, storico e saggista crimeano, sui nove miti principali del “ritorno della Crimea in patria”. Il testo è stato pubblicato per la prima volta nel 2017 e ripubblicato quest’anno dal media ucraino KrymRealii.

Mito n.1. La lingua e cultura russa in Crimea erano oppresse, mentre Kyiv svolgeva una politica di ucrainizzazione forzata. Non è vero in quanto, secondo l’Articolo 10 della Costituzione della Repubblica autonoma della Crimea, “la lingua russa come la lingua della maggioranza della popolazione nella Repubblica autonoma della Crimea è stata adottata per la comunicazione fra le comunità nazionali ed è usata in tutti gli ambiti della vita pubblica.” Nel 2013, in Crimea il 89,4 per cento degli allievi sono stati istruiti in russo, mentre il 7,3 e il 3,1 per cento degli allievi ha ricevuto l’istruzione, rispettivamente, in lingua ucraina o tatara crimeana. Al momento in cui la Russia ha preso la Penisola, su quasi 600 scuole in Crimea, solo 14 offrivano l’istruzione in tataro crimeano e solo sette l’istruzione in ucraino. Oltre l’80 per cento dei media cartacei pubblicavano esclusivamente in russo; c’era un solo giornale sulla penisola che pubblicava completamente in ucraino – Krymska Svitlytsia (la Stanza crimeana). Solo il sette per cento dei programmi trasmessi sulla televisione statale della Crimea era in lingua tatara crimeana. Così, la lingua russa dominava nella dimensione pubblica della vita sulla penisola.

Mito n.2. I crimeani avevano il diritto all’autodeterminazione, che hanno realizzato con il referendum. Dopo che le truppe russe hanno occupato la penisola e i palazzi amministrativi, non vi sono rimaste autorità leggitime che avessero avuto il potere di annunciare, organizzare e svolgere un referendum. Il Consiglio dei ministri della Repubblica autonoma della Crimea è diventato illegitimo il 27 febbraio 2014, in quanto i deputati crimeani hanno quasi letteralmente votato con una pistola dei russi puntata alla tempia e con delle violazioni delle clausole della legislazione ucraina. Il Parlamento (la Verkhovna Rada) della Repubblica autonoma della Crimea è diventato illegitimo di fatto il 27 febbraio 2014, de iure è stato riconosciuto illegitimo il 15 marzo 2014, quando il Parlamento ucraino (la Verkhovna Rada) ha votato l’apposita mozione. Inoltre, la Commissione centrale ucraina per le elezioni non aveva istituito nessun organo per lo svolgimento di un referendum in Crimea, e ha anche chiuso l’accesso al registro elettorale sulla Penisola.

Mito n.3. La maggioranza dei crimeani era favorevole all’unione con la Russia. Fra i crimeani vi erano i sostenitori dell’idea che la Crimea si sarebbe dovuta unire alla Russia, tuttavia il loro numero stava costantemento calando. Così, nel 1994 nel Parlamento della Crimea 58 deputati su  100 (55 del Blocco Russia, due del Partito russo della Crimea e uno della Comunità russa della Crimea), nel 2010 solo otto deputati (cinque del Partito Soyuz, Unione, tre del Partito Russkoe edinstvo, l’Unità russa). In secondo luogo, se nel 2008 circa il 70 per cento dei crimeani sosteneva l’idea di diventare parte della Russia, nel 2014 lo era solo il 40 per cento. In terzo luogo, poiché il cosiddetto referendum è stato tenuto sotto l’occupazione russa, sarebbe infondato non solo riconoscerlo ma anche affidarsi ai suoi “risultati”.

Foto: Hromadske TV. La campagna elettorale per le elezioni presidenziali russe a Simferopol.

Le elezioni in Crimea in giornata della ricorrenza dell’annessione della penisola
I risultati della votazione. Secondo i dati della Commissione centrale per le elezioni della Federazione Russa del 19 marzo, oltre il 99 per cento delle schede elettorali sono state contate e Vladimir Putin ha ottenuto oltre il 76 per cento dei voti.

Reazione delle autorità ucraine. Il Parlamento ucraino ha adottato una risoluzione secondo cui ha riconosciuto la votazione nelle presidenziali russe nel territorio della Crimea occupata e a Sevastopol come illegali, e che tali risultati non comportano a alcuna conseguenza legale.

Reazione dell’Unione Europea. “L’Unione Europea non riconosce l’annessione illegale della Crimea e di Sevastopol dalla Federazione Russa e, pertanto, non riconosce lo svolgimento delle elezioni sulla penisola crimeana. Gli osservatori dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODHIR) dell’OSCE non hanno condotto alcun attività in questi territori illegalmente annessi (…),” dice la dichiarazione ufficiale dell’Ue in occasione delle elezioni presidenziali nella Federazione Russa.

La votazione in Ucraina bloccata
La posizione del Ministero dell’interno. Il Ministro dell’interno dell’Ucraina Arsen Avakov ha dichiarato che i cittadini della Federazione Russa, esclusi i diplomatici russi, non avrebbero avuto accesso ai consolati della Federazione Russa per votare nelle presidenziali russe. Questo in seguito alla decisione di svolgere le elezioni nella Crimea annessa. A Kyiv e Kharkiv gli attivisti hanno svolto le manifestazioni davanti ai consolati russi protestando contro le elezioni nella penisola occupata.

La foto principale: Hromadske TV. Il lungomare di Yalta.