Organizzare e sviluppare un festival del cinema indipendente. Capitolo primo: Italia, il Lago Film Fest. Intervista a Viviana Carlet

Com’è organizzare un festival del cinema indipendente e farlo crescere? Quali sforzi sono richiesti e di chi sono i volti che lo rendono possibile? Esploriamo questa esperienza in Italia e in Ucraina parlando con le direttrici dei festival – uno in Italia e uno in Ucraina, entrambi organizzati con iniziative dal basso. Ve ne raccontiamo in due capitoli.  

Viviana Carlet è fondatrice e direttrice artistica del Lago Film Fest che si tiene ogni anno in Veneto – nel comune di Revine Lago, provincia di Treviso. Lago è un nome scelto con riferimento sia al nome della cittadina in cui è svolto, sia ad un vero e proprio lago, protagonista della manifestazione e il luogo principale di tutte le attività del festival. Per otto giorni, il Lago Film Fest presenta una selezione di film indipendenti, spettacoli di danza contemporanea, concerti musicali – gran parte dei quali prendono vita sotto le stelle sulla riva del Lago, o nei vicoli del paesino. La parte chiave del festival è costituita da una serie di attività formative in svariati campi, come quello della produzione video, della sceneggiatura, dell’illustrazione, della danza, della musica, ecc. L’iniziativa, nata da una proiezione all’aperto nel corso di 14 anni si è trasformata in un festival multidisciplinare noto al livello internazionale, sa, nella sua atmosfera suggestiva, dare ai suoi partecipanti un’esperienza unica, come d’altronde suggerisce anche l’hashtag dedicato all’evento: #lagoticambialavita

Chiediamo a Viviana com’è stato ideato e sviluppato il Lago Film Fest.

UCMC: Com’è nato questo festival?

Viviana Carlet: Questo festival è nato nel 2005 da una mia esigenza. Stavo facendo diverse esperienze all’Accademia di Belli Arti (di Venezia – nde.) e fra le cose che facevo, che vedevo – c’erano cose che mi piacevano e cose non mi piacevano. Quindi ho cercato di creare un luogo d’incontro dove le persone potessero incontrarsi e facilmente fare delle cose insieme. Una cosa non proprio scontata, di solito ogni settore è abbastanza chiuso e autoreferenziale. Oppure esistono i salotti, con gli artisti da una parte ed i registi dall’altra, situazioni in cui difficilmente si riesce a dialogare e a dialogare senza lo stress del lavoro. Quindi (ho cercato di creare – nde.) un luogo abbastanza semplice. Ho preso delle parti che sono legate all’esperienza artistica, nello specifico la public art – l’arte relazionale, quindi delle persone che si relazionano con un luogo e che si relazionano tra di loro. Ovviamente c’era bisogno di uno strumento per riuscire a creare questo ambiente e ho trovato nel cinema il mezzo migliore, molto più dell’arte contemporanea, molto più di altre ricerche artistiche, dato che c’è l’aspetto della magia dell’immagine in movimento, la fascinazione che questo genera, l’ambiente circostante, e poi c’è anche la magia del luogo e del fatto di proiettare sotto le stelle. E poi da lì ovviamente le persone che sono entrate a far parte del festival hanno portato le loro esperienze, i loro amici, le loro conoscenze, i loro desideri, i loro obiettivi. Infatti, un grande ruolo lo giocano le componenti umane del festival nel portare a questo arricchimento, conoscenza, contenuto, e a farlo diventare il festival così come lo vedi.

UCMC: La scelta del luogo del festival è legata al fatto che sei di questi parti, giusto?

Viviana: Sì sì. Io sono la ragazza che, come tutti ragazzi attorno ai 15, 16, 17 anni, aveva bisogno di vedere com’è fatto il mondo. Quindi sono andata via, odiando questo posto, perché comunque era un posto scomodo, difficile da raggiungere, non si poteva andare in giro, non c’era un cinema, non c’era niente qui, non c’era una città viva. Allora ho iniziato ad andare in giro e ad un certo punto, quando dovevo scegliere se andare a Roma o Milano per lavorare, mi sono domandata che tipo di lavoro realmente volessi fare. Ho detto a me stessa: “mi prendo un’estate, torno a casa, perché effettivamente è il posto più bello che io conosca”. Sono tornata qui e poi sono rimasta qui in un certo senso, per continuare questo progetto. Ovviamente è un posto di base dove tornare, è un luogo meraviglioso, sia dal punto di vista paesaggistico, estetico, e sicuramente anche dal punto di vista emotivo. Io sono nata qui, c’è la storia della mia famiglia qui, e tornare ha significato anche un po’ fare i conti con questo.

UCMC: Qual è la missione, lo scopo del festival nell’ambito artistico. E’ stato raggiunto?

Viviana: Sicuramente i grandi ambiti sono produzione, formazione, fruizione. Questo secondo me è stato raggiunto abbastanza come obiettivo, almeno per quel che riguarda i grandi temi. Poi, ogni anno, ci sono degli obiettivi annuali o degli obbiettivi legati, magari, più che al festival, alle persone che fanno parte del festival. Quest’anno possiamo dire di aver raggiunto l’obiettivo molto importante di creare una comunità, di creare una sostenibilità per il festival. Abbiamo anche raggiunto l’obiettivo di essere riusciti a creare qualcosa che sa camminare con le sue gambe, quindi io posso tranquillamente non esserci l’anno prossimo e questa cosa continuerà. (…) Sicuramente gli aspetti fondamentali sono proprio questi – poter produrre, avere un luogo dove le persone possano fare, un luogo dove le persone possano stare bene, in modo anche molto rilassato, possano lavorare, possano conoscersi, quindi networking, e possano crescere, quindi formazione, possano conoscere le altre realtà, conoscere altre persone, fare esperienza. È un altro punto fondamentale fare esperienza, perché non è così scontato.

UCMC: Dal punto di vista organizzativo, come funziona il festival? Arriva il sostegno dal settore pubblico e privato?       

Viviana: Dal punto di vista organizzativo sicuramente abbiamo delle partnership, infatti il festival non è realizzabile senza un supporto privato, pubblico e anche della comunità. Purtroppo, non abbiamo avuto questo supporto sin dall’inizio. Noi, quello che abbiamo costruito in questi 14 anni, l’abbiamo costruito molto lentamente, pian pianino, con le nostre forze, tarando molto bene le reali possibilità che avevamo. Non abbiamo mai fatto il passo più lungo della gamba, mettiamola così, abbiamo cercato sempre di stare molto attenti. Il più grande sostenitore del festival è, tuttavia, il pubblico, nel senso di audience. Il pubblico che viene al festival sostiene per quasi la metà del suo finanziamento il festival. Dal punto di vista veramente organizzativo ci sono persone che ci lavorano durante tutto l’anno – 10-15 persone che ci lavorano sempre e poi invece altre che vengono per il festival solamente, quindi magari quei 10 giorni del festival per fare i volontari. Non volevo dire volontari perché ovviamente siamo tutti volontari in fondo, ma loro vengono per dei progetti specifici, chi più chi meno. Anche se qualcuno viene per tre giorni può dare una mano; con chi magari invece riesce a venire qui per qualche mese si riesce a costruire un percorso insieme; poi c’è chi invece poi rimane tutto il tempo.

UCMC: Dai cestini per la raccolta differenziata distribuiti in tutti i luoghi del festival, alle tematiche rispettive nel programma del festival, abbiamo notato che Lago Film Fest da molta attenzione al salvaguardare l’ambiente. Abbiamo chiesto Viviana quali attività specifiche sono previste a questo fine. Sentite le risposte nel video seguente.

UCMC: Raccontaci, per favore, il tuo percorso professionale.

Viviana: Io all’epoca avevo fatto liceo scientifico, mi ero diplomata in una scuola internazionale di lingue, ho fatto l’Accademia facendo scenografia. E ho cercato appunto di usare il festival per provare a raccontarmi e per cercare anche di trovare le parole per quello che provavo, per quello che sentivo, per il bisogno, l’urgenza che avevo. Questo mi ha aiutato molto: mi ha aiutato ad esprimermi, a riuscire a raccontare alle altre persone quello che volevo fare. Non sono una persona molto brava con le parole, quindi ho bisogno di fare per raccontare, di fare delle cose. Il festival mi ha dato questa possibilità. Ovviamente poi, attraverso il festival, ho fatto anche tante altre esperienze grazie alle persone conosciute. Ho avuto la possibilità di lavorare in un centro culturale, una cosa che mi piace moltissimo, poi in un network internazionale del cinema giovane, dove ho gestito più la parte di coordinamento e di amministrazione per due anni a Nisi Masa. Poi ho lavorato all’università come ricercatrice, ho fatto tre-quattro anni lì. E lì era molto interessante perché la mia area di ricerca era: “Come gli artisti possono lavorare all’interno delle aziende, come le aziende possono utilizzare gli artisti”. Un altro tema importante era quello di capire “come i luoghi decentrati possono utilizzare realtà come festival per cercare di superare le crisi economiche, sociali, come stimoli di rivitalizzazione”.

Noi (come festival, quest’ultimo obiettivo – nde.) non l’abbiamo raggiunto ancora. Vorremmo tanto che il festival diventasse una cosa permanente, una sorta di centro culturale permanente che possa fare attività durante tutto l’anno sempre negli stessi ambiti di formazione e di fruizione di contenuti.

Foto: il Lago Film Fest, la foto principale: UCMC.
Ringraziamo Emanuela Vulpetti per editing letterario e correzione bozze.