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La pandemia del coronavirus nei territori occupati: come la vivono il Donbas e la Crimea?

Le autorità di occupazione russe in Crimea hanno negato per lungo tempo la diffusione del coronavirus nella penisola. Secondo i dati del 4 aprile, nella Crimea occupata i casi di contagio da Covid-19 sono 18. A fine marzo qualche centinaio dei pazienti sospettati di contagio dal coronavirus sono stati ricoverati negli ospedali crimeani.  

Invece dai territori occupati dalla Russia nel Donbas ucraino – le cosiddette “DPR” e “LPR”, non arrivano alcune informazioni sulla situazione epidemiologica. Le autorità di occupazione sostengono che il coronavirus non è ancora arrivato in quelle zone.

I media ucraini quasi non hanno possibilità di monitorare la situazione sulla diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2 nei territori occupati. Cercano di ottenere informazioni intervistando le persone che ci vivono e i difensori dei diritti umani che operano nei territori in questione. Raccogliamo i pezzi nel tentativo di fare luce sulla situazione reale sulla la diffusione del coronavirus nei territori ucraini occupati dalla Russia.  

I territori occupati nelle regioni di Donetsk e Luhansk si trovano in isolamento già da qualche settimana. Il 22 marzo l’Ucraina ha chiuso i punti di controllo sulla linea di contatto che delimita i territori non controllati dal governo. Un giorno prima, il 21 marzo, le autorità di occupazione hanno adottato le stesse misure. Il servizio della sicurezza russo (Fsb) ha sigillato il confine amministrativo della Crimea occupata con l’Ucraina continentale il 18 marzo, il divieto resterà in vigore fino a maggio.

Il 16 marzo la Federazione Russa ha vietato l’ingresso agli stranieri. All’inizio, l’ordine riguardava anche gli abitanti del Donbas occupato. Dal 23 marzo a loro è stata consentita l’entrata. Intanto 140 organizzazioni internazionali per la salvaguardia dei diritti umani si sono appellate a Mosca affinché le autorità russe si prendano cura dei prigionieri in Russia e nei territori da essa occupati.

Esiste l’infezione dal coronavirus nel Donbas occupato?

Cosa dice l’Ucraina. Già il 13 marzo il Ministro dell’Interno Arsen Avakov ha affermato che a Horlivka, nella parte non controllata della regione di Donetsk, sono stati individuati 12 casi di contagio da SARS-Cov-2. Tuttavia, non ha riferito le fonti da dove provengono tali informazioni.

Il 24 marzo l’ufficio stampa del Ministero della difesa ucraino ha dichiarato che le autorità di occupazione nascondono la diffusione del coronavirus nei territori occupati.

Cosa dicono i difensori dei diritti umani? Secondo il “Gruppo orientale per la tutela dei diritti umani” (Skhidna pravozachystna hrupa), a metà marzo le autorità di occupazione hanno cercato di convincere i residenti che i primi decessi registrati nella “DPR” fossero avvenuti a causa dell’influenza suina, non per il coronavirus. Inoltre, l’isolamento dei pazienti con la polmonite è controllato dalle forze di sicurezza delle autorità di occupazione. I medici che li curano sono stati obbligati a firmare un modulo di non divulgazione. In alcuni ospedali a Makiyivka e Donetsk è stata chiesta l’autopsia nei casi in cui c’è il sospetto che il decesso potesse essere avvenuto a causa del coronavirus. Le informazioni rimangono segrete.

Inoltre, il “Gruppo orientale per la tutela dei diritti umani” ha contattato i medici che lavorano nei territori occupati nell’Ucraina dell’est. Nella cosiddetta “DPR”, in due settimane, oltre 550 persone hanno cercato assistenza sanitaria per delle infezioni respiratorie acute; di queste oltre 130 per episodi di polmonite. Le autorità di occupazione hanno deciso che i pazienti che presentano i sintomi di Covid-19, vadano curati fuori Donetsk. Per chi richiede il ricovero in terapia intensiva, sono stati preparati 25 posti letto fuori Donetsk; inoltre sono stati creati 545 posti letto in altri ospedali. Nei territori occupati nella regione di Luhansk almeno 710 persone che si sono rivolte ai medici hanno presentato sintomi da infezioni respiratorie acute, oltre 100 di queste sono state ritenute possibili  polmoniti.

Non essendoci stato un sistema di raccolta per questi dati in precedenza, è impossibile concludere se il numero dei casi sia cresciuto.

Cosa dice la Croce Rossa? In un commento a “Hromadske”, Oleksandr Vlasenko, un rappresentante del Comitato internazionale della Croce Rossa in Ucraina ha raccontato che le informazioni sulla diffusione del coronavirus nei territori occupati sono poche. Spiega che la Croce Rossa fornisce solo i medicinali chiesti dalle autorità di occupazione.

Vlasenko dubita che nei territori occupati ci siano i test per la diagnosi del coronavirus, aggiungendo che le possibilità per gli abitanti dei territori occupati eseguire i test in Russia siano solamente delle voci senza conferma. Il Comitato internazionale della Croce Rossa non ha ricevuto alcuna richiesta per consegnare i test nei territori in questione.

Il rappresentante della Croce Rossa non possiede le informazioni sulla disponibilità dei ventilatori polmonari per la terapia intensiva nei territori occupati. Comunque è convinto che anche se ve ne dovessero essere, saranno pochi per coprire le esigenze in caso dell’emergenza sanitaria.

In Crimea: 18 casi confermati un il numero elevato di decessi per polmonite

Secondo le informazioni delle autorità di occupazione del 4 aprile, in Crimea si sono ufficialmente registrati 18 casi di coronavirus. Da oltre 3.000 persone arrivate dall’estero, 2.957 rimangono isolate a casa, 67 sono ricoverate negli ospedali, 15 sono isolate nei posti appositamente definiti.

Il paziente 1 sulla penisola è stato un abitante di Yevpatoria, che era da poco tornato dalla Francia e viaggiava con il passaporto biometrico ucraino. L’uomo non è entrato nella statistica ufficiale ucraina dei contagi.

Questa primavera in Crimea la soglia stimata per le infezioni respiratorie acute è stata superata del sette per cento, affermano le autorità di occupazione. Non è stata introdotta la quarantena sulla penisola, ma sono stati vietati gli assembramenti pubblici ed è controllata la temperatura corporea dei passeggeri in arrivo negli aeroporti. Le scuole e le università rimangono aperte, tranne alcune classi o università i cui molti alunni si sono ammalati.

Gli abitanti della Crimea puntano sulla mancanza delle informazioni.

In un commento a “Hromadske”, un’infermiera che lavora in un ospedale in Crimea ha raccontato che ai pazienti ricoverati con i sintomi di Covid-19 che erano di ritorno dall’estero sono eseguite le analisi e che successivamente l’ospedale è stato messo in quarantena per 14 giorni, senza che i vari reparti dell’ospedale potessero interagire.

Inoltre l’infermiera sostiene che nella penisola si registra attualmente un numero elevato dei decessi per polmonite. I primi decessi sono avvenuti prima che fosse registrato il primo caso ufficiale del Covid-19.

Secondo l’infermiera, nei letti d’ospedale dove lavora vengono ammessi solo i pazienti più gravi; gli interventi chirurgici programmati sono stati sospesi fino al 12 aprile. Il personale dell’ospedale è obbligato a cambiare le mascherine ogni due ore. L’ospedale non dispone di test per la diagnosi del coronavirus, mentre ci sono solo sei ventilatori polmonari per terapia intensiva.

Il 21 marzo i media locali in Crimea hanno riportato la notizia che le persone sospettate di contagio dal coronavirus sono state circa 300. Allo stesso tempo le autorità di occupazione affermano che le strutture sanitarie sulla penisola sono pronte ad affrontare la diffusione del coronavirus con di 71 stanze sterili a disposizione, oltre a posti letto e le ambulanze appositamente attrezzate.

Comunque l’ospedale di Sevastopol è l’unica sulla penisola che dispone dell’attrezzatura per trasportare i pazienti gravi contagiati dal Covid-19. Rimane ancora incerta la situazione relativa ai ventilatori polmonari, nonostante il fatto che durante questi anni di occupazione alcuni ospedali ne hanno ricevuti e che a oggi sono in corso gli appalti per attrezzare gli ospedali. Restano tuttavia forti i dubbi se il numero dei ventilatori potrà essere sufficiente.