Il blocco del Donbas e la conquista di stabilimenti nelle DPR/LPR: il capolinea dell’impero di Akhmetov?

Cosa sta accadendo. Da gennaio, alcuni attivisti e politici ucraini bloccano diversi incroci ferroviari nelle regioni di Donetsk e di Luhansk, impedendo la fornitura di carbone dalle regioni non controllate dal governo ucraino. L’UCMC ha già scritto sul blocco energetico del Donbas e sull’ pronunciato dai leader delle cosiddette “DPR” e “LPR” . La vicenda del blocco delle forniture del carbone dal Donbas occupato ha però recentemente subito nuovi importanti sviluppi. I militanti della “DPR” e “LPR” pretendevano di fermare il blocco delle linee di trasporto entro il 1° marzo. Inoltre, i leader della “DPR” e “LPR” chiedevano che le compagnie dell’oligarca Rinat Akhmetov, presenti nei territori da loro controllati, si impegnassero a pagare “le tasse” al budget delle “repubbliche” di “DPR” e “LPR”. In caso di rifiuto, la minaccia era quella di introdurre “una direzione esterna in tutte le compagnie della giurisdizione ucraina” che operano nei territori occupati.

Dove. Il blocco delle linee di trasporto è in corso già da un mese in quattro aree: nella regione di Luhansk – nel tratto ferroviario tra Svitlanove e Shepilove, nell’autostrada vicino a Carbonit; nella regione di Donetsk – vicino a Novhorodske – nel tratto ferroviario tra la Yasynuvata occupata e Kostyantynivka controllata dal governo, così come vicino a Bakhmut. Il blocco però impedisce anche alle forniture dell’antracite – il tipo del carbone in uso dalle centrali termoelettriche e dagli stabilimenti del settore metallurgico– di raggiungere le industrie ucraine.

Chi ne soffre. Il blocco crea dei problemi sicuramente alle autorità ucraine. Le centrali termoelettriche ad antracite producono circa il 15 per cento dell’energia in Ucraina e quasi tutta l’antracite usata arriva infatti dai territori non-controllati dal governo. Finora, il 99% del volume richiesto per la produzione di energia elettrica dall’antracite è stato coperto con rifornimenti dai territori non-controllati. Il carbone viene però impiegato anche nell’industria metallurgica e ciò contribuisce da un lato alle massicce esportazioni metallurgiche dall’Ucraina, dall’altro il profitto ottenuto ha un impatto diretto sulla stabilità del tasso di cambio della hryvnia, la valuta ucraina. Secondo i calcoli presentati dal governo, le perdite che lo stato subisce a causa del blocco del commercio con i territori non-controllati nelle regioni di Donetsk e Luhansk possono raggiungere 3,5 milioni di dollari all’anno.

Ancora più colpito dal blocco è l’oligarca Akhmetov, che possiede il 70 per cento delle centrali termoelettriche ucraine, le quali bruciano proprio l’antracite proveniente dai territori non-controllati. Le sue compagnie si occupano inoltre del trasporto del carbone da questi territori. Del resto, a partire dal marzo 2016 i consumatori ucraini pagano per il carbone come se fosse questo un prodotto importato, in base alla formula Rotterdam+. La formula Rotterdam+ stabilisce che il costo del carbone in Ucraina consista nel prezzo equivalente a quello del carbone venduto presso il porto di Rotterdam più il costo per trasportarlo in Ucraina. Anche gli stabilimenti industriali del gruppo Metinvest di Akhmetov soffrono a causa del blocco. Secondo la valutazione della compagnia di investimenti Dragon Capital, per lo stop delle forniture di carbone il gruppo Metinvest sta perdendo dai 5 ai 10 milioni di dollari al mese.

Il blocco ha certamente anche un impatto sulle “DPR” e “LPR”. Nonostante le dichiarazioni ufficiali, secondo le quali il gruppo SKM paga le tasse solamente nel budget statale ucraino, Akhmetov aveva trovato un accordo con le autoproclamate repubbliche perché non impedissero il proprio commercio. I lavoratori del Donbas occupato nei suoi stabilimenti aggiravano così i problemi di reperibilità del denaro, ottenendo così il pagamento dei salari attraverso le banche presenti nei territori controllati dal governo.

Comprare il carbone nella Russia: necessità o una manipolazione? All’inizio di marzo più parti ucraine hanno rilanciato l’indiscrezione secondo la quale l’Ucraina avrà presto necessità di comprare il carbone in Russia, qualora le forniture dai territori occupati non verranno sbloccate. Lo stabilimento di Akhmetov Azovstal che si trova a Mariupol ha già richiesto forniture extra di carbone in Russia e negli Stati Uniti. Anche Heorhiy Tuka, il vice ministro ucraino per gli affari dei territori temporaneamente occupati e degli sfollati, ha fatto una dichiarazione sulla necessità di comprare il carbone in Russia. Una frase simile è stata rilasciata dal Primo Ministro ucraino Volodymyr Groysman. Secondo alcuni esperti, dietro queste dichiarazioni che affermano, nei fatti, la mancanza di alternative alle forniture del carbone dalla Russia il governo ucraino nasconde la volontà di preservare l’esistente status quo. Dietro ciò, ci potrebbe esserci anche un accordo tra le autorità ucraine e Akhmetov stesso.

L’Ucraina, del resto, ha necessità di diversificare le forniture di carbone, come già fatto in passato dall’Ucraina con il Sudafrica fra 2014-2015. Inoltre, i consumatori individuali ucraini, pagando le bollette con la formula “Rotterdam+”, hanno speso 10 miliardi di hryvnia. Queste risorse avrebbero potuto essere indirizzate per altre misure che hanno con lo scopo di ridurre le forniture del carbone dai territori occupati. Finora però, le autorità ucraine non hanno rilasciato alcun commento su dove siano queste risorse.

Gli ultimi sviluppi e la conquista degli stabilimenti nella “DPR” e “LPR”. I leader della “DPR” e “LPR” hanno sfruttato la situazione di stallo delle ultime settimane per iniziare una nuova guerra contro Akhmetov. Scaduto l’ultimatum il 1° marzo e avendo il gruppo SKM e Akhmetov rifiutato di pagare le tasse ai leader delle “DPR” e “LPR” in una dichiarazione ufficiale, è iniziata la “nazionalizzazione” degli stabilimenti, molti dei quali di proprietà dello stesso Akhmetov. Circa 40 stabilimenti della giurisdizione ucraina sono quindi stati passati sotto la direzione esterna nei territori non-controllati.

Secondo alcuni esperti, è molto probabile che l’ordine di “nazzionalizzare” la proprietà di Akhmetov sia arrivato direttamente dalla Russia. Non è un segreto che L’Ucraina e la Russia siano tra loro competitori nel mercato delle esportazioni del metallurgico. Le misure su come indebolire Akhmetov e fermare il suo business erano probabilmente già da tempo nei programmi di Mosca, che ha così colpito l’oligarca ma duramente anche l’Ucraina.

È altresì probabile che sia stato rilasciato anche un ordine per far aumentare le fonti interne di reddito delle DPR/LPR, così da ridurre la loro dipendenza finanziaria da parte della Russia. Del resto, la mancata stabilità energetica dell’Ucraina e il declino del suo settore metallurgico non può altro che giovare al Cremlino. Al contrario, la conquista degli stabilimenti può solamente causare grossi guai all’economia ucraina, alle esportazioni del settore metallurgico e alla stabilità della valuta ucraina. In tutto ciò, Akhmetov rischia di trovarsi pericolosamente al capolinea del suo impero economico.