In tutti i Paesi dell’Europa orientale, inclusa l’Ucraina, la propaganda russa applica gli stessi strumenti e messaggi. Variano solo gli accenti in base alla situazione attuale di ogni Paese. Questi sono i risultati della ricerca svolta da esperti provenienti dalla Polonia, dalla Repubblica Ceca, dalla Slovakia, dall’Ungheria, dalla Moldova e dall’ Ucraina, i quali sono stati presentati in una conferenza “La guerra d’informazione su internet. Rivelazioni e risposte conto la disinformazione del Cremlino nei Paesi dell’Europa centrale e orientale” svoltasi nell’Ukraine Crisis Media Center.
Una rete dei centri analitici partner ha studiato i segmenti internet dei sei Paesi tra il luglio e l’ottobre del 2016. A compimento di tale ricerca, sono venuti alla luce migliaia casi di informazioni false o manipolate.
Canali per diffondere la disinformazione
Secondo i ricercatori, i canali principali per la diffusione di informazioni false sono i cosidetti “media alternativi” e le reti sociali. Ad esempio, nella Repubblica Ceca esistono centinaia dei siti che diffondono la disinformazione, ha raccontato Ivana Smolenova, la responsabile del programma presso il Prague Security Studies Institute. Si potrebbe dividerli in due gruppi: i siti “sulla teoria del complotto” che assomigliano a dei blog di carattere non professionale, e i “media alternativi”. I secondi si presentano come un’alternativa ai “media nazionali parziali”, e vantano un maggiore numero di lettori. In Ungheria e in Moldova, le fonti di disinformazione sono anche i siti delle organizzazioni non-governative finanziate dalla Russia.
Risulta che anche i media nazionali non sono esenti dalle informazioni manipolate. I ricercatori hanno fatto notare la vasta presenza della narrativa filorussa e a volte anche delle informazioni distorte nei media pubblici ungheresi. Si tratta, in particolare dell’agenzia di stampa statale MTI, ha raccontato Agnieszka Ostrowska, coordinatrice del progetto presso il Centre for International Relations. A trasmettere storie false sono stati anche i media nazionali pollachi. Secondo uno dei fake, l’Egitto avrebbe presumibilmente consegnato alla Russia le navi Mistral che la Francia non le ha venduto.
In alcuni casi i media russi hanno gli strumenti per trasmettere le informazioni false direttamente. Sputnik, il media russo propagandista presenta diverse versioni nelle lingue originali di alcuni Paesi che sono stati soggetti alla ricerca. In Moldova si trasmettono alcuni canali TV russi “Pervy kanal” (primo canale), “NTV” e “Rossiya”.
Principali messaggi e modus operandi
I modus operandi in uso per disinformare sono comuni per tutti i Paesi studiati. Secondo gli esperti, i più diffusi modus operandi sono: la copertura distorta degli eventi, la manipolazione con fatti o emozioni, lo sfruttamento di paure o punti dolenti, l’unione di eventi che non hanno alcun tipo di connessione tra loro, i riferimenti a fonti contestabili o la mancanza dei riferimenti, i riferimenti agli pseudo-esperti, il mancato confine fra il punto di vista d’autore e i fatti. Si verificano anche palesi fake, come ad esempio le due interviste ai generali polacchi le quali non hanno mai avuto luogo.
Tra i messaggi che si usano per manipolare, ci sono quelli comuni per tutti i Paesi e quelli che si basano sulle problematiche individuali di ciascuno di essi. Secondo i ricercatori i messaggi comuni includono le affermazioni seguenti: c’è del marcio nel mondo occidentale, l’Ue si sta disgregando, esiste il pericolo della crisi dei migranti e del terrorismo. Altri condannano la NATO come un aggressore o si abbattono sull’“imperialismo americano”. Altri lodano Putin come un leader forte o parlano della “giunta ucraina”.
La propaganda usa attivamente temi delicati per il Paese così come le questioni problematiche irrisolte. Ad esempio in Polonia, il materiale legato alla disinformazione specula sulla tragedia di Volyn’, sottolineando che a Kyiv sono giunti al potere “gli stessi banderiti” e che l’Ucraina pretende territori polacchi. Allo stesso tempo, alcune di tali narrative menzionano la “Lviv polacca” e incitano ad unirsi con “i fratelli slavi”, cioè i russi, al posto dell’”Occidente omossessuale”. Ci sono anche messaggi che suggeriscono che l’Occidente prima o poi “scaricherà” la Polonia come nel 1939, che la Polonia si stia trasformando in un “vassallo degli Usa” mentre la NATO sia “lo strumento degli Usa” creato allo scopo di “proteggere gli interessi di un piccolo gruppo d’élite”, che al momento sta “provocando Putin”.
In Moldova le informazioni maggiormente manipolate riguardano il conflitto congelato della Transnistria e i sentimenti separatisti nell’autonomia gagauza. Si specula anche sulla questione della lingua e si promuove un messaggio che ha di base un “genocidio linguistico” – la presunta chiusura delle scuole che offrono gli studi in russo, il presunto rifiuto di prestare servizio in farmacie in russo e così via.
Ucraina
“Nel corso dei quattro mesi della ricerca abbiamo identificato i fake diffusi da quasi 20 media ucraini,” ha raccontato Margo Gontar, co-fondatrice del StopFake.org, un’iniziativa mediatica che confuta i fake. Tra questi media ci sono sia le redazioni ucraine dei media russi, come Vesti, RIA Novosti, (il che è prevedibile), sia i media domestici che fanno da copertura abbastanza bilanciata, ad esempio Novoe Vremia. “A volte è il risultato del mancato professionalismo giornalistico – manca la verifica dei fatti. Mentre la maggior parte dei fake che abbiamo riscontrato sono le stesse dei media russi,” ha detto Gontar.
Un fake clamoroso diffuso dai social e da alcuni media suggeriva che la UEFA stesse investigando i fatti dell’uso del doping da parte dei calciatori ucraini. “La UEFA ci ha informato che non avevano cominciato nessuna investigazione sul presunto doping ucraino, e che tutto sembrava essere regolare,” ha spiegato Gontar. Nello stesso modo i media hanno preso la notizia secondo la quale la “DPR” sta aprendo consolati diplomatici nell’Ue. In realtà si trattava di un’organizzazione non-governativa il nome della quale si comincia con “Il centro di rappresentanza della ‘DPR’”.
“I media ucraini tendono a cancellare le notizie false dopo che pubblichiamo la confutazione,” ha sommarizzato la co-fondatrice del StopFake.
Il testo più dettagliato sulla ricerca è disponibile qui in inglese.