Perché viene bloccata la ratifica della Convenzione di Istanbul – un meccanismo per prevenire la violenza domestica?

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Nel novembre 2016 il Parlamento ucraino ha preso in esame ma non ha ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (la Convenzione di Istanbul). I parlamentari hanno rimandato il rispettivo disegno di legge perché venga modificato. Attualmente però non è possibile sapere quando il draft verrà riconsiderato. L’UCMC illustra perché la Convenzione non è stata ratificata in prima istanza dal parlamento ucraino, la rilevanza di questo documento internazionale e la posizione degli attori di questo processo.

Perché l’Ucraina deve ratificare la Convenzione di Istanbul?

L’Ucraina ha firmato la Convenzione di Istanbul già il 7 novembre 2011. La ratifica della Convenzione deve creare i rispettivi mecchanismi legali per agire contro la violenza domestica e la violenza di genere. La ratifica del documento è anche una delle misure che il Comitato ONU per l’eliminazione della discriminazione contro le donne ha raccomandato all’Ucraina di portare a termine. La ratifica è anche un passo necessario alla luce dell’armonizzazione della legislazione ucraina con quella dell’Ue, nonché un obbligo diretto dell’Ucraina nei confronti del Consiglio d’Europa.

Perché la Convenzione non è stata ratificata al primo giro parlamentare?

La ratifica è stata sospesa in seguito alle dichiarazioni di alcuni membri del Parlamento ucraino secondo le quali le nozioni di “genere” e “orientamento sessuale” presenti nel documento intaccherebbero “l’identità ucraina” e “le fondamenta cristiane” della società.

Perché nella discussione è stato coinvolto il Consiglio delle chiese e qual’è la loro posizione?

Nella sessione parlamentare i deputati hanno deciso di includere nel gruppo di lavoro che elaborerà gli amendamenti per il documento i rappresentanti del Consiglio nazionale delle chiese (un’unione intraconfessionale delle chiese e organizazzioni religiose appartenenti alle direzioni ortodossa, greco-cattolica, cattolica romana, cosi come le comunità giudaiche e islamiche).

Secondo l’opinione del Consiglio delle chiese, la Convenzione di Istanbul e le nozioni di “genere”, “identità del genere” e “orientamento sessuale” possono diventare uno strumento per promuovere in Ucraina nuovi “ruoli di genere”, nonché favorire la diffusione di coppie dello stesso sesso.

La posizione della società civile

L’anno scorso, fra le 38 mila chiamate dirette al numero rosa di “La Strada Ucraina”, un’organizzazione internazionale per la tutela dei diritti delle donne, il 90 erano segnalazioni di casi di violenza domestica. Le forze dell’ordine non riescono però a dare una risposta adeguata agli eventi di violenza familiare. In primis, perché se l’autore del crimine non lascia alcuna traccia del reato, la polizia non può iniziare alcuna investigazione. Oltre a ciò, se la violenza sessuale avviene all’interno di un matrimonio, essa non viene considerata come uno stupro.

Lo Stato attualmente non riesce a dare l’assistenza necessaria alle vittime. Kateryna Borozdina, rappresentante de “La Strada Ucraina” in un briefing stampa presso l’Ukraine Crisis Media Center, ha dichiarato/affermato che l’unico modo per farsì che la situazione si sblocchi dal punto morto in cui si trova ora, è quello di ratificare la Convenzione di Istanbul, che mira a combattere la violenza domestica sulle donne e sui bambini. Secondo Borozdina la Convenzione di Istanbul “ha come scopo quello di proteggere le donne e le ragazze da qualunque forma di violenza, al di là del fatto che il responsabile sia il fidanzato, un partner convivente, il marito o chiunque altro.”

È certo però che la ratifica della Convenzione non risolverà tutti i problemi in Ucraina. Tuttavia, tramite la creazione di centri di crisi per aiutare le vittime di violenza, l’istituzione di hotline e lo svolgimento delle campagne di sensibilizzazione sarà possibile arginare in qualche modo il fenomeno. “Oggi lo Stato non sta creando i rifugi di questo tipo. Ci sono varie iniziative al livello locale ma sono poche. La legge nazionale non è d’aiuto perché non prevede azioni preventive. Costringere lo Stato a rispettare i propri impegni internazionali è quindi il solo modo che ci rimane.” ha invece dichiarato la giornalista Olha Vesnyanka.

Al momento la ratifica è minacciata dal Consiglio delle chiese, visti i loro noti pregiudizi verso l’equiparazione della violenza familiare con la violenza di genere. “Non è una situazione normale quando il Consiglio delle chiese ha un impatto sul lavoro dei parlamentari. Il nostro è uno Stato laico, in cui la Chiesa è separata dallo Stato. Stiamo parlando di diritti uguali. Il Consiglio delle chiese non rappresenta la concezione della società civile ucraina. Il problema è però che il Consiglio e la sua visione trovano il sostegno di alcuni membri del Parlamento.” ha sottolineato Olena Shevchenko, la capo dell’Ong INSIGHT. “Se resteremo zitti ora, perderemo una grande opportunità per tante donne che non possono proteggersi,” ha detto Oksana Pokalchuk, la direttrice dell’ufficio ucraino di Amnesty International.