Il 7° anniversario dell’Euromaidan: qual è lo stato di avanzamento delle indagini?

Foto di Serhiy Babenko, maidanmuseum.org

Il 21 novembre l’Ucraina osserva la Giornata della dignità e della libertà – il giorno che ha dato inizio alla Rivoluzione della dignità, detto anche Euromaidan. Quel giorno, sette anni fa, gli attivisti sono scesi in piazza per protestare contro la decisione del governo di sospendere la preparazione alla firma dell’accordo di associazione con l’Unione europea. Nei tre mesi dell’Euromaidan, le forze dell’ordine hanno effettuato numerose operazioni tentando di disperdere la protesta, accompagnate da arresti, sequestri, torture e uccisioni dei protestatori.

Tutti i procedimenti relativi ai crimini contro gli attivisti della Rivoluzione della dignità sono stati uniti sotto il nome di “caso Maidan”. All’inizio, incaricata dell’indagine del caso è stata la polizia stessa, poi a seguito di pressioni da parte della società civile, le indagini sono state trasferite al Dipartimento per le indagini speciali presso la Procura generale dell’Ucraina, appositamente creato. Nel 2019, le funzioni per le indagini sul caso Maidan sono state poi assegnate all’Agenzia statale per le indagini.

Qual è il progresso raggiunto nelle indagini del caso Maidan nell’ultimo anno? Quanti sono i procedimenti che ne fanno parte e quante le sentenze?

Nel 2020, per il caso Maidan, sono state incriminate 37 persone; 19 cause sono state portate in giudizio e riguardano 25 persone, tra le quali sei sono giudici, 13  membri delle forze dell’ordine e sei sono civili.

In totale sono 86 i processi penali attualmente sentiti nei tribunali, gli imputati sono 176. Sono già state emesse 343 sentenze a 34 funzionari di alto livello, 185 membri delle forze dell’ordine, 16 procuratori, 14 giudici e 70 civili.

L’Agenzia statale per le indagini ha ancora in corso 80 procedimenti penali che si trovano ancora nella fase delle indagini preliminari.

L’uccisione degli attivisti in via Instytutska. Il 20 febbraio 2014, le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco contro i manifestanti. Quarantanove  persone sono state uccise, 233 sono rimaste ferite.

Delle uccisioni sono stati incriminati cinque ex poliziotti dell’ex squadra antisommossa “Berkut” – Oleh Yanishevskyi, Pavlo Abroskin, Serhiy Zinchenko, Oleksandr Marynchenko e Serhiy Tamtura. Tutti sono stati consegnati alla Russia nell’ambito dello scambio di prigionieri avvenuto nel dicembre 2019. Successivamente, Yanishevskyi, Abroskin e Zinchenko sono stati inseriti nella lista dei ricercati.  

Ad essere incriminati sono stati 26 ex poliziotti Berkut appartenenti alla cosiddetta compagnia nera, comandata da Dmytro Sadovnyk. Lui e 20 ex poliziotti Berkut sono fuggiti in Russia nel 2014-2015.

Nell’autunno 2018, è stato arrestato un ex cecchino delle truppe interne (parte della Guardia nazionale dal 2014 a seguito dello smantellamento delle truppe interne – ndt.), Dmytro Khmil, che ai tempi dell’Euromaidan prestava servizio nell’unità “Omega”  è sospettato per l’omicidio del protestatore Oleksandr Khrapachenko. Mentre sono in corso le indagini preliminari riguardanti il procedimento, il sospetto è agli arresti domiciliari.

Il 18 febbraio 2020, l’Agenzia statale per le indagini ha incriminato un altro ex membro dell’unità “Omega” Volodymyr Kosenko per il coinvolgimento nelle uccisioni dei protestatori in via Instytutska assieme ai poliziotti  Berkut. Kosenko è stato posto ai domiciliari.

Il caso di Yanukovych. Nel gennaio 2019, il presidente fuggitivo Viktor Yanukovych è stato giudicato colpevole di alto tradimento e di complicità nel portare avanti la guerra contro l’Ucraina. È stato condannato in contumacia a 13 anni in carcere. Gli avvocati hanno impugnato la sentenza. Il 12 maggio 2020, il tribunale distrettuale Pecherskyi di Kyiv ha emesso un mandato di arresto per Yanukovych nel caso riguardante la dispersione della protesta del 18-20 febbraio 2014. La decisione avrebbe permesso di avviare la procedura dell’estradizione di Yanukovych. Comunque, il 16 novembre 2020 la Corte di Appello ha cancellato il mandato, riassegnando il procedimento al tribunale di primo grado.