Onu: la risoluzione che condanna le violazioni dei diritti umani dalla Potenza occupante in Crimea troverà un sostegno?

Il 18 novembre, il Terzo comitato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si occupa delle questioni sociali, umanitari e culturali, ha approvato una proposta di risoluzione intitolata “La situazione dei diritti umani nella Repubblica autonoma della Crimea e nella città di Sevastopol, in Ucraina” con 63 voti a favore. Un totale di 22 Paesi ha votato contro e 85 si è astenuto. La votazione per la risoluzione all’Assemblea generale si svolgerà a dicembre.

Ogni anno, a partire dal 2016 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adotta una risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Crimea, il documento di quest’anno sarà il quinto. Rispetto alle versioni precedenti, la proposta della risoluzione 2020 è stata aggiornata e rafforzata. Guardiamo quali sono le novità e come si è evoluto il sostegno internazionale alla giustizia nella penisola occupata.       

Lo Stato occupante: una terminologia riaggiustata. Anche le risoluzioni precedenti delle Nazioni Unite si sono riferite alla Crimea come un territorio occupato. Nel 2020, gli accenti sulla definizione sono stati ulteriormente rafforzati.    

In particolare, la risoluzione sottolinea che “gli organi e i funzionari della Federazione Russa insediatisi nella Crimea temporaneamente occupata, sono illegittimi e devono essere indicati come ‘le autorità occupanti della Federazione Russa’”.

Covid-19: l’impatto sui diritti umani. Il diritto internazionale umanitario vincola la Russia, in quanto Potenza occupante, a tutelare la salute e provvedere all’igiene pubblica in Crimea garantendo agli abitanti l’accesso ai servizi sanitari senza discriminazione.

A questo riguardo, il progetto della risoluzione mette in evidenza le preoccupazioni con “sfide aggiuntive poste al godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte dei residenti della Crimea, causate dalle misure ristrettive inutili e sproporzionate introdotte dalla Potenza occupante sotto pretesto di lottare contro la pandemia di Covid-19.”

Il Gruppo per la tutela dei diritti umani in Crimea (Crimean Human Rights Group) che monitora la gestione dell’emergenza Covid-19 da parte delle autorità occupanti sulla penisola a partire dal marzo, ha dimostrato attraverso una serie di prove che la Russia non aveva introdotto delle misure adeguate a prevenire la diffusione del coronavirus in Crimea. Inoltre, i difensori dei diritti umani sostengono che i numeri reali dei decessi e contagi da coronavirus in Crimea sono più alti di quelli che la Russia ha fornito ufficialmente.

I voli giornalieri da Mosca – uno degli epicentri dei contagi in Russia – non sono mai stati sospesi, contribuendo considerevolmente alla diffusione dell’infezione sulla penisola occupata. Inoltre, ai tempi della pandemia Covid-19, le autorità occupanti hanno tenuto parate militari che hanno provocato la crescita dei contagi.

La risoluzione evidenzia anche come “le inadeguate condizioni di detenzione negli istituti penitenziari, incluse celle affollate e mancanza di assistenza sanitaria appropriata, espongono i detenuti alla diffusione di malattie, incluso il Covid-19.”

Chiamare i difensori dei diritti umani imprigionati per nome. Il documento menziona due difensori dei diritti umani di origine tataro-crimeana – Emir-Usein Kuku e Server Mustafayev. Entrambi sono prigionieri politici incarcerati con false accuse di terrorismo. Kuku è condannato a 12 anni di reclusione, Mustafayev – a 14 anni.

Server Mustafayev, un coordinatore dell’organizzazione “La solidarietà crimeana” (Crimean Solidarity) arrestato dalle autorità occupanti nel 2018 ed è menzionato nella risoluzione per la prima volta. In un certo senso, è un riconoscimento di alto livello delle sue attività come difensore dei prigionieri politici all’interno delle iniziative de “La solidarietà crimeana”. In precedenza, Amnesty International ha riconosciuto Server Mustafayev come un prigioniero di coscienza, perseguitato per le sue attività da difensore dei diritti umani.  

Nel settembre 2019, fra le persone consegnate all’Ucraina all’interno di uno scambio di prigionieri con la Russia, c’erano 11 prigionieri politici, tre dei quali erano ucraini della Crimea – Oleg Sentsov, Oleksandr Kolchenko e Volodymyr Balukh. Da allora le autorità occupanti non hanno liberato più prigionieri politici arrestati in Crimea; al contrario, hanno imprigionato 28 ucraini in più sulla penisola con delle accuse politicamente motivate. 

Mobilitare il sostegno internazionale. Rafforzare il testo della risoluzione è una lama a doppio taglio, fanno notare i difensori dei diritti umani. Da una parte, consente di aggiungere i nuovi casi di violazione dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale in Crimea, consolidando la valutazione di queste violazioni al livello dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite – il che rappresenta un passo importante nel formare la politica del non riconoscimento dell’occupazione della Crimea al livello internazionale.   

Dall’altra parte, la risoluzione aggiornata potrebbe togliere il sostegno da parte degli stati che temono loro possibili critiche verso la Federazione Russa.

Il numero degli stati che appoggiano la risoluzione sulla situazione dei diritti umani in Crimea varia da un anno all’altro. A votare a favore del documento sono 60-80 membri, 20-30 Paesi votano contro e 70-80 si astengono.

I risultati della votazione preliminare al Terzo comitato dell’Assemblea generale dimostrano il sostegno più modesto che la risoluzione abbia avuto nel corso degli anni – 63 membri hanno votato a favore, mentre 85 si sono astenuti.

Comunque, chi ha votato contro – 22 Paesi, è il numero più basso ottenuto in questi anni. La Russia e i suoi satelliti – Venezuela, Siria, Cuba, Bielorussia e Armenia sono i primi che votano contro. Altri alleati ad hoc della Russia sono i membri che non garantiscono la tutela dei diritti umani internamente, come Cina o Corea del Nord. Anche se il sostegno alla risoluzione durante la votazione preliminare è stato in calo, non ci sono dubbi che la risoluzione sarà adottata durante il voto all’Assemblea generale, rassicurano i difensori dei diritti umani. 

Foto: Pavlo Bagmut/Photoshot/East News. Una manifestazione davanti all’Ambasciata della Federazione Russa a Kyiv in giornata della ricorrenza dell’occupazione della penisola.