Sei anni dopo l’abbattimento del volo MH17: a che punto è la giustizia?

Il 17 luglio 2014, il Boeing 777 della Malaysia Airlines partito da Amsterdam e diretto a Kuala Lumpur, è stato abbattuto nei cieli sopra il Donbas. Tutte le 298 persone a bordo, passeggeri e membri dell’equipaggio, sono rimaste uccise. Meno di un mese dopo, è stata istituita la Squadra investigativa congiunta (Joint Investigation Team) che ha unito gli sforzi delle autorità investigative dei Paesi Bassi, della Malaysia, dell’Australia, del Belgio e dell’Ucraina.     

Portate a termine le indagini penali, nel marzo 2020 si è aperto il processo in tribunale nei Paesi Bassi. L’investigazione internazionale ha stabilito con quale arma è stato abbattuto il volo MH17, dov’è stata posizionata, da dov’è stata portata e chi sono i presunti esecutori. La Russia nega la sua responsabilità nel crimine. Mettiamo in luce le tappe principali del cammino verso la giustizia.      

Chi ha abbattuto l’aereo? Nella primavera 2018, la Squadra investigativa congiunta è arrivata alla conclusione che il Boeing 777 della Malaysia Airlines è stato abbattuto da un missile del sistema “Buk”, registrato con la 53^ brigata missilistica antiaerea delle Forze Armate della Federazione Russa, di stanza a Kursk. Il “Buk” è stato trasportato nel Donbas occupato dal territorio della Russia.

Il punto da dove è stato lanciato il missile – Snizhne, è stato identificato grazie ai calcoli degli esperti olandesi e belgi. Le indagini confutano la versione di “Almaz-Antey” – un produttore russo dei sistemi missilistici “Buk” che fa parte delle aziende statali russe per la fornitura bellica, stando alla quale il missile sarebbe stato lanciato da Zaroscenske, nel territorio controllato dal governo ucraino.   

Lo schianto dell’aereo. Venti minuti prima dello schianto, il volo MH17 è stato dirottato di 37 chilometri rispetto alla rotta iniziale a causa delle condizioni metereologiche. L’aereo si trovava ad un’altitudine di 10.050 metri – il minimo consentito sopra il Donbas in quel momento.  

Alle ore 16:20 locali il Boeing è stato colpito da un missile lanciato dal “Buk”. L’onda d’urto ha fatto staccare la cabina di pilotaggio e una parte della classe business della cabina passeggeri. La parte restante è rimasta in volo per altri 8,5 chilometri, poi si è crepata la parte posteriore della fusoliera e si è staccata la sezione di coda dell’aereo. Tutto è avvenuto in meno di due minuti. I frammenti dell’aereo e i resti umani sono precipitati in un’area di più di 15 chilometri quadrati.   

I soccorritori e i rappresentanti della missione OSCE hanno ottenuto accesso al luogo del disastro solamente il terzo giorno dopo lo schianto. A quel punto, il sistema “Buk” è stato ritornato in Russia, da vicino Snizhne ha attraversato Krasnyi Luch, Debaltseve e Luhansk prima di raggiungere il confine con la Russia, nella parte del Donbas non controllata.

Chi sono i processati? Quattro persone sono state incriminate per il caso, la Squadra investigativa congiunta ha rivelato i loro nomi già nel giugno 2019. Sono tre cittadini russi e uno ucraino. Vengono processati in contumacia.    

La figura chiave che collega i quattro incriminati è Igor Girkin (Strelkov), ex “ministro della difesa” della cosiddetta “DPR”, che era in contatto diretto con i vertici militari russi. La maggior parte dei militanti coinvolti nell’abbattimento del volo MH17 erano suoi subordinati. Nel maggio 2020, Girkin ha rilasciato un’intervista al giornalista ucraino Dmytro Gordon, che gli ha chiesto anche del disastro. Girkin ha affermato che lo schianto dell’aereo della Malaysia Airlines è stato un duro colpo per lui, anche se “non sono stati i ribelli ad abbattere il Boeing.” Il tribunale olandese ha aggiunto l’intervista ai materiali del procedimento.    

Il secondo processato è Sergei Dubinskiy (il nome di battaglia “Khmuryi”), maggiore generale dell’esercito russo, capeggiava l’intelligence nei territori ucraini occupati dalla Russia. Secondo le prove ricavate dalle indagini, è stato Dubinskiy a controllare il trasporto del “Buk” fino al sito di lancio, così come il suo trasporto nella direzione opposta dopo l’abbattimento dell’aereo. Nel 2019 Dubinskiy ha dichiarato di non voler collaborare con l’investigazione, oltre a non accettare di essere stato riconosciuto come uno dei responsabili della tragedia.    

Il terzo sospettato è Oleg Pulatov (“Giurza” o “Khalif”), subordinato di Dubinsliy. Si pensa che abbia sorvegliato il “Buk” sul sito di lancio. Pulatov è rappresentato in tribunale da due avvocati olandesi.

Il quarto processato è l’ucraino Leonid Kharchenko (“Krot”), subordinato di Dubinskiy, che assieme a Pulatov ha presumibilmente accompagnato il “Buk” fino a Snizhne. Il servizio russo della BBC ha scoperto che Kharchenko si trova nel territorio occupato, dov’è stato “arrestato” due giorni dopo l’inizio del processo MH17 nei Paesi Bassi. Il suo “arresto” non riguarda l’abbattimento dell’aereo. L’Ucraina ha emesso il mandato d’arresto di Kharchenko già nel 2015, incriminandolo per l’istituzione di un gruppo terroristico.

La Russia nega il suo coinvolgimento nell’abbattimento del volo MH17, non accetta i risultati delle indagini svolte dalla Squadra internazionale congiunta. La Procura generale della Federazione Russa ha affermato che la Russia non consegnerà gli incriminati ai fini del processo.  

Un nuovo ricorso alla Corte europea dei diritti umani dei Paesi Bassi. Il 10 luglio il governo dei Paesi Bassi ha annunciato che avrebbe presentato un ricorso interstatale contro la Russia alla Corte europea dei diritti umani per il suo ruolo nell’abbattimento del volo MH17.

Con tale causa, i Paesi Bassi sostengono i ricorsi individuali presentati in precedenza dalle famiglie delle vittime del disastro, inoltre passano alla Corte le informazioni chiave dell’investigazione, che potrebbero essere usate anche per esaminare le cause individuali presentate dalle famiglie.

La prossima tappa del processo si svolgerà nei Paesi Bassi dal 31 agosto al 13 novembre 2020.

Foto: Frank van Beek/AFP. Le famiglie delle vittime durante la commemorazione al monumento nazionale MH17 nei Paesi Bassi a cinque anni dal disastro.