Il caso Ucraina c. Russia: la Russia ha esercitato il controllo sulla Crimea prima che l’avesse illegalmente annessa, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha deciso

La Russia ha esercitato un effettivo controllo sulla Crimea a partire dal 27 febbraio 2014, prima che annettesse illegalmente la penisola il 18 marzo 2014, ha concluso la Corte europea dei diritti dell’uomo in una decisione emessa il 14 gennaio 2021. Con quella che si configura come la prima decisione nel caso Ucraina c. Russia (riguardante la Crimea), la Corte ha dichiarato parzialmente ammissibile il ricorso per le violazioni dei diritti umani nella Crimea occupata, presentato dall’Ucraina contro la Russia.   

Così, la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo attribuisce la responsabilità per le violazioni dei diritti umani in Crimea alla Russia, che esercitava il controllo di fatto sulla penisola a partire dal fine novembre.

Mettiamo in luce quali sono le allegazioni nell’ambito del ricorso, i prossimi stadi del suo esame e perché la decisione della Corte è significante. Cerchiamo le risposte a queste domande appoggiandoci all’analisi del media ucraino “Yevropeiska pravda” (La verità europea).

Perché l’Ucraina ha portato la Russia davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo? La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), con sede a Strasburgo, non ha la giurisdizione necessaria per decidere sull’occupazione della Crimea, o sull’aggressione della Russia contro l’Ucraina in generale.  

Allo stesso tempo, la Corte esamina i ricorsi presentati dagli stati membri del Consiglio d’Europa riguardanti le violazioni dei diritti e delle libertà garantite dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Una violazione verificata di per sé non costituisce un motivo sufficiente per punire le azioni di uno Stato, il punto chiave invece è verificare che lo Stato in questione commetta violazioni sulle quali, per esempio, non si svolgono le opportune indagini.  

In cosa consiste il ricorso dell’Ucraina alla CEDU? Nel 2014-2015, l’Ucraina ha lamentato un insieme di violazioni sistematiche dei diritti umani da parte della Russia nella Crimea occupata. In seguito, le autorità ucraine hanno contribuito al ricorso iniziale con le nuove prove dei crimini commessi dalla Russia. Infine, le allegazioni sono state riunite in un unico caso a 17 punti. L’Ucraina afferma che l’occupante ha esteso alla Crimea una “pratica amministrativa” (cioè le violazioni sistematiche, su cui non sono state svolte le indagini adeguate) delle violazioni seguenti dei diritti umani: 

1. le sparizioni forzate e le uccisioni delle persone sequestrate,
2. il maltrattamento,
3. le detenzioni arbitrarie,
4. l’estensione delle leggi della Federazione Russa alla Crimea,
5. l’imposizione forzata della cittadinanza russa in Crimea,
6. le perquisizioni arbitrarie delle abitazioni private,
7. le vessazioni e intimidazioni nei confronti dei leader religiosi non appartenenti alla chiesa ortodossa russa; le perquisizioni arbitrarie dei luoghi di culto e il sequestro dei beni delle comunità religiose,
8. la repressione dei media non russi,
9. i divieti di assembramenti pubblici e delle manifestazioni a sostegno dei repressi,
10. l’espropriazione dei beni di persone e aziende private,
11. la repressione della lingua ucraina nelle scuole e le vessazioni nei confronti degli allievi ucrainofoni,
12. la limitazione della libertà di movimento tra la Crimea e l’Ucraina continentale a seguito della trasformazione di fatto da parte della Russia della linea di confine amministrativo nella linea di confine dello Stato,
13. le vessazioni nei confronti dei tatari crimeani a causa della loro fede e in violazione del diritto alla vita privata,
14. le limitazioni imposte alla libertà di movimento dei tatari crimeani,
15. un insieme delle uccisioni e degli episodi comprendenti le ferite da arma da fuoco,
16. le intimidazioni ai giornalisti stranieri e il sequestro delle loro attrezzature,
17. la nazionalizzazione dei beni dei militari ucraini.

La corte ha rigettato le ultime tre violazioni lamentate, in quanto inammissibili – non rappresentano un insieme delle violazioni sistematiche, bensì costituiscono episodi singoli registrati all’inizio del 2014.

Intanto, i restanti 14 punti costituiscono un motivo sufficiente perché la Corte consideri le violazioni sistematiche da parte della Russia e proceda all’esame nel merito del ricorso. Sono le allegazioni contro la Russia che promettono che la decisione finale sarà a favore dell’Ucraina.

Per ora, la vittoria maggiore dell’Ucraina sta nel fatto che la CEDU è la prima istituzione giudiziaria internazionale che ha identificato la data in cui l’Ucraina aveva perso il controllo della Crimea – ed è il 27 febbraio 2014.

Perché la Corte ha riconosciuto il 27 febbraio come la data dell’inizio dell’occupazione della penisola? È una domanda che ha un peso giuridico. Quando la Federazione Russa ha iniziato l’occupazione della Crimea? Qual è la data che sarebbe stata, invece, ammessa dalla Corte? Sarebbe il 20 febbraio, la data incisa sulla medaglia concessa dal Ministero della difesa della Federazione Russa per “il ritorno della Crimea”? Sarebbe il 22-24 febbraio, i giorni a cui risalgono le numerose testimonianze del ridispiegamento delle truppe russe dalle basi della Flotta della Federazione Russa sul Mar Nero alle strade chiave in Crimea? O è individuata nel mese di marzo, quando la Russia ha iniziato le preparazioni per il cosiddetto “referendum”? Alla fine, il governo ucraino ha scelto una strategia per dimostrare che l’Ucraina aveva perso il controllo della penisola nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 2014, quando le forze speciali russe hanno sequestrato l’edificio del Parlamento della Repubblica autonoma della Crimea.    

È risultata come una scelta giusta – i giudici hanno accettato gli argomenti del governo ucraino e la CEDU ha accertato l’esclusiva responsabilità della Russia per tutte le violazioni dei diritti umani in Crimea a partire dal 27 febbraio 2014. 

La decisione della CEDU del 14 gennaio 2021: le maggiori vittorie. L’Ucraina ha lamentato dinanzi alla Corte le violazioni da parte della Federazione Russa che risalgono a fine febbraio – inizio marzo 2014, prima che avesse luogo l’annessione illegale della penisola.

Il governo ucraino afferma di aver completamente perso il controllo della Crimea il 27 febbraio 2014, dopo che l’edificio del Parlamento in Crimea fosse sequestrato dalle truppe russe.

La Corte ha pienamente accettato gli argomenti dell’Ucraina. Così, la CEDU ha dichiarato che da una presumibile esistenza della pratica amministrativa di estendere le leggi della Federazione Russa alla Crimea, risulta che a partire dal 27 febbraio 2014 i tribunali in Crimea non possono essere considerati come istituiti secondo legge.

La Corte ha preso in considerazione le dichiarazioni di Putin, con cui il presidente russo ha confermato che la penisola era stata occupata dalle truppe russe.

La prima dichiarazione in questione è stata fatta durante una riunione con i capi delle agenzie di sicurezza, nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 2014. Come riportato, il presidente russo ha rivelato di aver preso la decisione di “iniziare il ritorno della Crimea alla Federazione Russa.” Putin ha fatto la seconda dichiarazione in un’intervista televisiva il 17 aprile 2014, in cui ha apertamente riconosciuto che la Russia “ha dovuto disarmare le unità militari dell’esercito ucraino e le forze dell’ordine” e che “dietro le spalle delle unità dell’autodifesa della Crimea, c’erano i nostri soldati.” 

L’esame nel merito. La decisione di ammissibilità è uno stadio intermedio che dà inizio all’esame nel merito del ricorso. Le prove delle violazioni sistematiche da parte della Russia in Crimea sono numerose. Inoltre, sono ben documentate, secondo quanto fatto notare anche dalle organizzazioni internazionali e dalle istituzioni giudiziarie. Così, i fatti delle violazioni sistematiche dei diritti dei tatari crimeani e degli ucraini sulla penisola sono stati accettati in quanto prove ammissibili dalla Corte internazionale di giustizia nell’ambito di un altro ricorso – un caso complesso sulle violazioni da parte della Russia della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale.    

Nella tappa iniziale, l’ammissibilità del ricorso è stata la meta principale dell’Ucraina. Il punto chiave da confermare dinanzi alla Corte è stato il carattere sistematico delle violazioni.   

Il fatto che sia stata identificata la data in cui la Russia ha preso un effettivo controllo della Crimea appare come uno sviluppo importante, in quanto alcuni dei crimini della Russia sulla penisola risalgono a fine febbraio – inizio marzo 2014.

Non ci si aspetta una decisione veloce. Il progressodel caso Georgia c. Russia sulle conseguenze del conflitto armato del 2008, potrebbe essere un punto di riferimento per le tempistiche. La Corte ha dichiarato ammissibile il ricorso della Georgia nel dicembre 2011. La decisione finale è stata emessa nove anni dopo ed è stata annunciata il 21 gennaio 2021. Il governo ucraino spera che la considerazione del caso dell’Ucraina procederà più velocemente, dato che il caso della Georgia costituisce già un precedente. Comunque, ci vorrà almeno qualche anno per la proclamazione di una sentenza definitiva da parte della Corte.

Foto: photo.ua / Shutterstock.com. Le truppe russe senza insegne a Perevalne, in Crimea, il 4 marzo 2014.