Kyiv, 6 luglio 2016. Nel novembre 2013, quando ebbe inizio l’Euromaidan, il modello per la copertura prevenuta degli eventi in Ucraina nei media italiani era già stato formato. Nel corso di un press-briefing presso l’Ukraine Crisis Media Center, Massimiliano Di Pasquale – giornalista, scrittore e autore del libro “Ucraina terra di confine. Viaggi nell’Europa sconosciuta” – spiega il motivo del perché ciò avvenne.
Il 28 giugno 2016 Di Pasquale, studioso di Ucraina da più di 10 anni, fece un intervento dal titolo “L’Euromaidan e la guerra nel Donbas nei media italiani” a una conferenza organizzata dall’Associazione per gli studi slavistici, dell’Europa orientale e dell’Eurasia (the Association for Slavic, East European, and Eurasian Studies) presso l’Università cattolica ucraina a Lviv.
Prima della Rivoluzione Arancione del 2004, l’Ucraina non era presente come attore indipendente nei giornali, nelle riviste e nella TV italiana, afferma Di Pasquale. “L’Italia ha sempre avuto relazioni strette e privilegiate con l’Unione Sovietica e per questo motivo ha trovato difficoltà ad accettare e comprendere l’idea di un’Ucraina indipendente. Nonostante l’URSS fosse un’unione federale composta di 15 repubbliche costitutive, l’intellighenzia italiana spesso identificava l’Unione Sovietica con la Russia. Unione Sovietica e Russia erano frequentemente usate come sinonimi da politici e giornalisti creando equivoci e confusione nell’opinione pubblica italiana,” continua il ricercatore.
Un’altra particolarità che ha influenzato la copertura del tema ucraino nei media italiani è data sia dal numero ristretto di esperti qualificati che si specializzano in Ucraina, sia da un accesso limitato da parte loro ai media che formano l’opinione pubblica. Gli esperti più richiesti sul tema ucraino nei media sono spesso stati quelli la cui opinione coincide con la narrazione abituale e la loro conoscenza della storia e della politica del Paese non risulta sempre esaustiva.
La rivista geopolitica “Limes”, ad esempio, è stata una delle prime – all’inizio degli anni ’90 – a scrivere sull’Ucraina descrivendola come un’appendice della Russia a cui prima o poi sarebbe stata annessa. “Tranne qualche qualificata eccezione, i cosiddetti esperti di Ucraina che scrivevano per ‘Limes’ erano per lo più ex corrispondenti da Mosca dei tempi sovietici o addirittura consulenti del Cremlino,” specifica Di Pasquale.
Nei primi anni dopo l’indipendenza, l’Ucraina non aveva una voce propria tra i media italiani. Del Paese si raccontava utilizzando informazioni provenienti dalle agenzie di stampa e dai canali TV russi. Quando, nel 2004, l’attenzione internazionale venne attratta dagli sviluppi della Rivoluzione Arancione, i media italiani inviarono i propri corrispondenti basati a Mosca per coprire gli eventi in Ucraina: e di frequente il risultato fu una copertura prevenuta. “La situazione era talmente imbarazzante che Giovanna Brogi, presidente dell’Associazione italiana per gli studi ucraini, scrisse una lettera aperta ai vertici della RAI, l’emittente nazionale pubblica italiana, chiedendo una copertura più equilibrata degli eventi che stavano succedendo in Ucraina,” afferma Di Pasquale. A tale lettera, purtroppo, non è mai giunta risposta, aggiunge il ricercatore.
“Il 2008 è un anno cruciale per la geopolitica dello spazio post-sovietico,” dice Di Pasquale. È l’anno in cui il Cremlino applicò per la prima volta il concetto di guerra ibrida in Georgia. Sulla base di queste azioni c’è il concetto della forza, secondo cui, così come suggerito dai consulenti del Cremlino Aleksandr Dugin e Vladislav Surkov, non è la legge internazionale ma il principio della forza che definisce sovranità e confini. Avvenne esattamente così nel 2008, quando la rivista “Limes” pubblicò nelle proprie pagine le mappe di Ucraina e Georgia divise in parti e anche articoli i cui nomi suggerivano la stessa idea. Era la prima volta dall’indipendenza del Paese che la legittimità dei confini di uno stato sovrano veniva apertamente contestata.
Con l’inizio di Euromaidan e dopo la guerra in Donbas “quella che inizialmente era solamente una posizione filorussa si è trasformata in una narrazione Mosco-centrica dalla quale nessun grande canale TV è stato immune,” continua Di Pasquale. Perfino i giornali nazionali più grandi, come il “Corriere della Sera” e “Repubblica”, insieme ad altri articoli bilanciati, pubblicarono reportage ed editoriali che trasmettevano la stessa identica retorica della propaganda russa. Sia i giornali di destra, come “Il Giornale”, sia quelli di sinistra, come “Il Manifesto”, descrissero gli ucraini che manifestavano a Kyiv come estremisti di destra.
Un esempio dei concetti più diffusi ispirati alla propaganda russa che si possono trovare nei media italiani è rappresentato dal reportage di Rai2 “Fratello contro fratello”, trasmesso nel febbraio 2015, precisa il ricercatore. Le posizioni presentate in esso sono: il conflitto in Ucraina è una guerra civile; le autorità centrali di Kyiv sono una giunta nazista; i combattenti delle cosiddette “LPR” e “DPR” sono patrioti antifascisti; prima o poi il Donbas verrà liberato e, assieme alla Crimea e all’Ucraina sud-orientale, farà parte della Novorossiya.
Le associazioni culturali russe in Italia, che usano vari canali per diversi tipi di pubblico, rappresentano un altro strumento per la trasmissione della narrazione del Cremlino riguardo gli eventi in Ucraina, afferma Di Pasquale. Questi centri organizzano conferenze, ospitano pseudo esperti sul tema ucraino e coinvolgono centinaia di troll sulle reti sociali.
Rispondendo al quesito riguardo a che cosa potrebbe fare l’Ucraina a livello governativo e di iniziative civili per formare un’immagine veritiera che la presentasse correttamente, Massimiliano Di Pasquale replica: “Il governo ucraino dovrebbe investire energie e risorse nel soft power allo scopo di incrementare la percezione e la conoscenza dell’Ucraina in Italia. Un esempio potrebbe essere la creazione di un istituto di cultura Ucraina in territorio italiano. La cosa più importante da fare è investire in cultura”. Ciò significa anche che lo stesso governo dovrebbe mostrare agli italiani che esiste una cultura ucraina contemporanea e che questa non è limitata soltanto al folclore. I vari tipi di pubblico devono essere raggiunti con un prodotto moderno e di qualità.
“L’Italia dovrebbe tradurre alcuni importanti libri di storia ucraina,” continua Di Pasquale, lui stesso autore di alcuni libri sull’Ucraina. Per ora “Civiltà letteraria ucraina” di Oxana Pachlovska, scritto quasi vent’anni fa, rappresenta l’unico libro esauriente sulla storia e sulla cultura ucraina in lingua italiana. Gli editori interessati devono prendere parte a queste attività: il soft power deve essere usato a questo scopo e bisogna lavorare per promuovere un’immagine corretta dell’Ucraina in Italia, specifica Di Pasquale.
Riferimento: Massimiliano Di Pasquale è uno scrittore e giornalista italiano, autore di alcuni libri sull’Ucraina: un libro fotografico “In Ucraina. Immagini per un diario”, 2010; un libro di viaggio “Ucraina terra di confine. Viaggi nell’Europa sconosciuta”, 2012. Massimiliano scrive regolarmente di cultura e politica ucraina per riviste e giornali italiani, partecipando anche a conferenze internazionali con propri interventi sull’Ucraina. Nell’autunno del 2015 ha pubblicato un nuovo libro di viaggio “Riga Magica”. Massimiliano è membro dell’Associazione italiana per gli studi ucraini.