Kyiv, il 24 marzo 2016. Sono più di 230 le violazioni di diritti umani registrate nel corso dei due anni dell’occupazione della Crimea, così come affermato dalle attiviste dell’iniziativa “Crimea SOS”. Sette persone sono state uccise, 13 risultano disperse; le violazioni contano anche detenzioni e perquisizioni illegali, come riferito dalla fondatrice e coordinatrice di “Crimea SOS” Tamila Tasheva in un briefing stampa presso l’Ukraine Crisis Media Center.
I gruppi più perseguitati nella penisola sono i tatari e gli attivisti pro-ucraini, spiega Yevhenia Andriyuk, vice-coordinatrice della stessa associazione. Il peggioramento della qualità della vita nella penisola risulterebbe, fra l’altro, una violazione del diritto internazionale da parte della Russia, afferma l’attivista.
Ne è un esempio la cittadinanza russa imposta senza poter rifiutarla. Ai crimeani con passaporto russo non è possibile andare nei altri paesi né tantomeno ottenere alcun servizio al di fuori della Federazione russa. Finora le autorità occupanti russe avrebbero dovuto risolvere i problemi legati alla carenza di elettricità e riscaldamento, dice Yevhenia. Un altro grande problema, nonché altra grave violazione, è la militarizzazione della penisola. Negli ultimi tempi la Russia ha trasformato la Crimea in una delle sue “isole militari”, impiegando materiale militare e svolgendo esercitazioni militari nella penisola, aggiunge Andriyuk.