Kyiv, il 14 aprile 2016. Annunciare le attività del Mejlis (l’organo rappresentativo nonché l’assemblea consultiva dei tatari di Crimea) estremiste e sospenderle senza la decisione del tribunale è un segnale secondo cui tutti i crimeani non fedeli alle “autorità” possono essere processati per la loro posizione. Così ha affermato, in un briefing stampa presso l’Ukraine Crisis Media Center, Yusuf Kurkci, a capo del dipartimento per l’assistenza al rappresentante del Presidente ucraino per gli affari del popolo tataro di Crimea Mustafa Dzhemilev.
[Le informazioni sul caso: il 13 aprile la “procuratrice” della Crimea Natalia Poklonska ha deciso di sospendere le attività del Mejlis. Con tale decisione, la procuratrice ha proceduto all’applicazione della legge della Federazione russa “Sulla contrazione alle attività estremiste”. Il suddetto provvedimento, presentato al Ministero della Giustizia russo, richiede che il Mejlis venga incluso nell’elenco delle organizzazioni civili e religiose le cui attività sono proibite nel territorio della Federazione russa. La decisione per la sospensione delle attività di tale organo resterà in vigore fino al momento in cui “Il Tribunale supremo” non avrà approvato la decisione in base al ricorso della “procuratrice” Poklonska. Il processo è tuttora in corso, la prossima udienza presso il tribunale avrà luogo il 25 aprile. Fonte: UNIAN]La preclusione delle attività del Mejlis, spiega Kurkci, comporta dei rischi ancora maggiori per ciascun tataro di Crimea che abbia partecipato alle elezioni del Kurultai (l’organo rappresentativo supremo dei tatari di Crimea) e sostenuto le attività di Mejlis di essere sottoposto a investigazioni. Allo stesso modo, gli imprenditori che sostenevano i progetti del Mejlis diventano il soggetto dell’articolo “finanziare le attività estremiste”.
Yulia Tyscenko, assistente del rappresentante del Mejlis Refat Ciubarov, nonché esperta del Centro ucraino indipendente per le ricerche politiche, afferma che sono più di tremila le persone a rischio, ossia tutti i rappresentanti degli uffici locali del Mejlis, senza contare le rispettive famiglie. “Queste decisioni politiche, che provengono dalla direzione russa e non da quella dell’autoproclamata Crimea, dimostrano che non c’è la possibilità di trovare un compromesso,” dice Tyscenko. Considerando la situazione da una prospettiva globale, il decreto per la sospensione del Mejlis rappresenta una reazione agli sviluppi internazionali, afferma l’esperta; tra questi, la discussione sul caso crimeano presso il Consiglio della sicurezza dell’Onu e altri segnali mandati alla Russia dalla comunità internazionale. L’oppressione in base all’etnia che ha luogo in Crimea è inaccettabile. “Questo è anche un segnale per la comunità internazionale che oggi non basta più solamente esprimere preoccupazione o monitorare la situazione,” sottolinea l’esperta.
“Si sta introducendo una specie di proibizione del Mejlis, con lo scopo non solamente di proibirne l’entità di istituzione, quanto cancellare l’identità stessa dei tatari crimeani”, così spiega la recente decisione da parte della “procura” crimeana Emine Jeppar, consulente del Ministro della politica d’informazioni ucraino. “Ciò apre vasti orizzonti alle autorità occupanti per punire ogni tataro crimeano.” Secondo Jeppar, i giudici e i procuratori che conducono il processo contro il Mejlis “sono illegittimi, ma condannano il legittimo organo di rappresentanza del popolo tataro di Crimea che oggi è il Mejlis e il Kurultai,” afferma la consulente. La stessa ha definito assurde le dichiarazioni, da parte delle autorità occupanti, secondo cui i tatari di Crimea non sono un popolo indigeno e quindi non avrebbero il diritto all’autodeterminazione né ad alcun organo di rappresentanza.
Tamila Tasheva, co-fondatrice dell’iniziativa CrimeaSOS, conferma che è in corso un’ondata di pratiche per costringere i tatari di Crimea, e tutti coloro che non appoggiano le “autorità”, ad andarsene dalla penisola. “Secondo i dati ufficiali, 21 mila persone se ne sono andate dalla Crimea, ma in realtà il numero è molto più alto,” nota la co-fondatrice di CrimeaSOS. “Nell’arco degli ultimi sei mesi, le persone che hanno deciso di andarsene e raggiungere l’Ucraina continentale sono state 68 mila in più rispetto a quelle che hanno seguito il percorso inverso che sono cioè entrate in Crimea. Si tratta di cifre importanti,” fa notare Tasheva. Da un lato, le cosiddette autorità crimeane costringono le persone ad andarsene dalla Crimea, dall’altro queste persone vengono rimpiazzate da individui provenienti dalla Russia. Così facendo, spiega Tasheva, le autorità occupanti cercano di ripopolare la Crimea al massimo con persone fidate. “È una palese contraddizione al diritto umanitario internazionale. […] La sostituzione della popolazione rappresenta un crimine internazionale per il quale la Russia sarà ritenuta responsabile,“ afferma Tasheva.