L’Ucraina fu fra i soggetti centrali del pontificato di Papa Giovanni Paolo II – intervista a Andrzej Grajewski. Prima parte

Cent’anni fa, il 18 maggio 1920, in una cittadina vicino a Cracovia in Polonia, nacque Karol Wojtyła, conosciuto in tutto il mondo come San Giovanni Paolo II. L’elezione come il 264° Papa di uno slavo, che perlopiù proveniva dalla Polonia “socialista”, prevedibilmente allarmò il regime sovietico. Conosciuto come lottatore per i diritti umani, Wojtyła era convinto che “la Chiesa fosse l’ultimo bastione della libertà”. L’Ucraina era particolarmente importante per Giovanni Paolo II. Il regime sovietico vide nel Papa un pericolo, anche a causa delle sue posizioni a favore della chiesa clandestina dei greco-cattolici ucraini.    

In occasione del centenario dalla nascita di San Giovanni Paolo II, la Radio Ucraina ha intervistato lo storico e giornalista polacco Andrzej Grajewski, le cui ricerche si concentrano particolarmente sull’aspetto orientale del pontificato di Giovanni Paolo II. Grajewski svela anche gli aspetti meno conosciuti della vita e dell’attività del Papa, che spesso hanno al centro l’Ucraina. Riportiamo l’intervista in due parti.

Il 18 maggio ricorrono i 100 anni della nascita di San Giovanni Paolo II, il cui pontificato ha segnato non solo il mondo ecclesiastico, ma anche quello laico, Ucraina inclusa. Ci racconti, per favore, con quali eventi la Polonia celebra il centenario della nascita del Papa. Sappiamo che il Parlamento polacco ha proclamato il 2020 come l’anno del pontefice.   

Le preparazioni si sono svolte su larga scala e le celebrazioni al livello nazionale sarebbero culminate con il pellegrinaggio alla tomba di Giovanni Paolo II in Vaticano. Però, a causa del coronavirus tutte queste attività sono state cancellate. Le maggiori celebrazioni avranno luogo a Wadowice, città natale del Papa, e saranno svolte dapprincipio virtualmente.     

Il popolo ucraino, specie i fedeli della chiesa cattolica sentivano una forte vicinanza a Giovanni Paolo II. Il Papa è anche considerato protettore della concordanza fra gli ucraini e i polacchi. Ci racconti il suo ruolo nella riconciliazione ucraino-polacca.

Credo che né i polacchi, né gli ucraini abbiano ancora colto quanto sia stata importante l’Ucraina nel suo pontificato. Ricorderò un episodio, avvenuto durante l’inaugurazione del suo pontificato il 22 ottobre, 1977. Si chiama “homagium”, ed è quando i cardinali rendono omaggio al nuovo pontefice e, come gesto di rispetto, baciano l’anello di San Pietro alla sua mano. Ma Papa Giovanni Paolo II fece un’eccezione per due cardinali e si comportò diversamente nei loro confronti – diede loro un bacio. I cardinali in questione furono il primate polacco Stefan Wyszyński e l’arcivescovo greco-cattolico di Lviv Josyp Slipyj. Tutto il mondo ha visto il Papa baciare la mano al cardinale appartenente alla Chiesa allora proibita nell’Unione Sovietica. È stato un momento molto importante.   

In più, un mese dopo l’accaduto, il Papa incontrò il cardinale Slipyj per iniziare a preparare il programma delle celebrazioni del millenario del battesimo della Rus. Il programma è diventato uno dei temi centrali e più importanti del primo decennio e dell’intero pontificato di Giovanni Paolo II.   

Qual è il contesto in cui l’Ucraina fu importante per Giovanni Paolo II?

Giovanni Paolo II ne parlò durante una riunione chiusa con i preti polacchi nel giugno 1979 in Jasna Góra. Un anno fa ho pubblicato un verbale di quell’incontro, che era rimasto sconosciuto.

Nel corso di quella conversazione disse che l’obiettivo più importante del suo pontificato fosse quello di ripristinare la libertà della Chiesa greco-cattolica in Ucraina e Romania. In quel modo, Giovanni Paolo II criticò anche la linea politica perseguita fino ad allora dal Vaticano, che puntava a dare la priorità alle relazioni con la Chiesa ortodossa di Mosca, danneggiando così i cattolici del rito orientale e la loro lotta per la libertà di religione. Giovanni Paolo II cambiò quella logica, sostenendo che innanzi tutto i greco-cattolici dovessero ottenere i diritti loro spettanti, e che solo in un secondo momento si parlasse con la Chiesa ortodossa di Mosca. Secondo me, il Vaticano continua tutt’oggi ad affrontare questo problema della gerarchia dei valori.            

L’impronta lasciata dal pontificato di Giovanni Paolo II nella storia è proprio quella di essere stato capace di cambiare la gerarchia dei valori.

Va notato che le preparazioni alle celebrazioni del millenario del battesimo della Rus si sono svolte sui vari livelli – nel campo diplomatico, nell’ambito intellettuale, sono state emesse due lettere pastorali su questo tema. Si preparava anche la Chiesa greco-cattolica in diaspora. La Chiesa greco-cattolica in Polonia aveva come compito quello di prepararsi al millenario del battesimo della Rus, al posto della Chiesa ucraina. Nell’agosto 1988, una grande celebrazione ebbe luogo a Jasna Góra in Polonia. Arrivarono 50 mila ucraini: dalla Polonia, dalla diaspora e dall’Ucraina. Penso che questo evento, questa celebrazione massiccia non sia ancora entrata nella coscienza nazionale degli ucraini. La celebrazione si tenne anche, clandestinamente, a Zarvanytsia (in Ucraina – ndt.).     

Foto: Alexander Zemlianichenko, AP/Radio Liberty. Papa Giovanni Paolo II a Kyiv, giugno 2001

L’impegno attivo di Giovanni Paolo II non piaceva a tutti. Il fatto che una persona proveniente da uno stato comunista sia stata eletta Papa ha velocizzato il processo di dissoluzione dell’URSS e ha contribuito al ripristino della libertà religiosa nei territori post-sovietici. Durante i primi anni del suo pontificato, ha criticato pubblicamente il totalitarismo e, molto spesso, il comunismo. Lei ha studiato gli archivi del KGB (agenzia di sicurezza sovietica – ndt.) e quelli del Servizio della sicurezza dell’Ucraina, ci parli di queste pagine della storia.

È vero, durante lo scorso febbraio ho lavorato presso gli archivi del Servizio della sicurezza dell’Ucraina per una settimana intera. Colgo l’occasione per ringraziare l’amministrazione e gli impiegati dell’archivio per la possibilità concessami di impegnare quel tempo traendone la massima efficienza. Mi rendo conto che solo a Kyiv e a Vilnius si può accedere liberamente ai materiali del KGB prodotti nell’Unione Sovietica. Nella loro maggioranza non si tratta di documenti operativi, ma analitici. Questi documenti furono firmati dal capo del KGB ucraino, il generale Fedorchuk, e furono presentati al vertice ucraino del Partito comunista. Fu una figura importante, in quanto più tardi fu nominato capo del KGB di tutta l’Unione Sovietica per un breve lasso di tempo.       

Come furono organizzate le attività dei servizi segreti sovietici volte alla raccolta dei materiali sulle attività del pontefice e all’analisi della situazione? Si trattava di una rete ramificata di agenti?

Wojtyła entrò nel mirino del KGB molto prima che diventasse Papa. Nel 1977 il KGB svolse l’operazione speciale “Progresso”. Nell’arco di questa operazione, dalla Francia a Cracovia fu mandato l’agente del KGB Ivan Bunyk del nome in codice “Filosofo”. Il suo compito era di entrare nel cerchio degli amici stretti dell’allora arcivescovo metropolita di Cracovia, Wojtyła.  

Di fronte a quale minaccia si trovavano le autorità sovietiche allora per svolgere quella operazione prima che Giovanni Paolo II diventasse capo della Chiesa cattolica?

Credo che conoscessero bene la situazione nella Chiesa cattolica e sorvegliassero il cardinale Wojtyła perché lo ritenevano una persona importante. È possibile che non arrivassero a pensare che sarebbe diventato Papa, ma consideravano che fosse probabile che sarebbe diventato primate della Polonia, al posto di Stefan Wyszyński.

Vanno messi in evidenza anche i documenti della Stasi, attualmente conservati nell’archivio a Berlino. Nell’ottobre 1978 il KGB a Mosca delineò un profilo dettagliato. Nonostante fossero passate solamente due settimane dall’elezione di Giovanni Paolo II, riuscirono a descrivere benissimo tutti gli aspetti della sua biografia, facendo anche delle prognosi per il suo pontificato. Questo lavoro si basò sui documenti operativi dell’allora Servizio della sicurezza della Polonia. Kyiv aveva le sue fonti, indipendenti da Mosca, cosa che si rileva chiaramente dagli archivi del Servizio della sicurezza dell’Ucraina. Invece la reazione di Kyiv fu molto più forte di quella di Mosca. A Mosca consideravano che il pontificato di Giovanni Paolo II si ponesse in linea di continuità con i pontificati precedenti, magari con più difficoltà di instaurare un dialogo, data la provenienza polacca del pontefice e quindi la sua conoscenza diretta delle realtà del comunismo – non si sarebbe potuto ingannarlo come i suoi predecessori. A Kyiv, invece, la reazione fu di forte allarme a causa di una questione precisa: il bacio a Josyp Slipyj del pontefice durante l’inaugurazione, che accese di rosso tutte le lampadine di sicurezza. Nell’archivio del Servizio della sicurezza dell’Ucraina ho trovato un documento interno risalente al gennaio 1979. È una nota analitica preparata per il generale Fedorchuk che usa parole molto forti. Si sostiene che Giovanni Paolo II fosse un anticomunista ardente e che da lui ci si potesse aspettare qualsiasi male.   

Ho letto che nelle relazioni per il Politburo del Partito Comunista dell’Unione Sovietica il nuovo Papa fu definito un “anticomunista tossico”.

Esattamente. Nella testa di Fedorchuk si proiettano delle immagini di una storia che lui ripete continuamente nei documenti che prepara regolarmente per il Politburo ucraino del Partito Comunista dell’Ucraina e nelle relazioni per il Primo segretario Scerbytskyi. Questo il ragionamento: oggi Giovanni Paolo II sostiene i greco-cattolici, domani i greco-cattolici richiederanno un patriarcato loro, dopodomani – l’Ucraina libera. Va detto che le valutazioni di Fedorchuk erano precise. Riteneva che qualsiasi vivacità attorno alla questione della Chiesa greco-cattolica fosse identica alla rianimazione del nazionalismo ucraino. A quel tempo, con la parola “nazionalismo” si marcava qualsiasi aspetto del discorso sulla sovranità dell’Ucraina. Il generale Fedorchuk, come anche il suo successore, il generale Mukha, e l’ultimo capo del KGB ucraino Mykola Golushko, affermava che il sostegno di Giovanni Paolo II ai greco-cattolici rappresentasse una minaccia per lo Stato. Il KGB a Kyiv suonava tutte le campane d’allarme informando Mosca che la questione riguardava non solo le questioni religiose ma, in primis, quelle nazionali; che la minaccia non sarebbe stata il fatto che le persone sarebbero diventate più credenti, ma che i greco-cattolici sarebbero diventati più attivi come gruppo religioso. Sapevano bene che il sostegno che arriva dal Vaticano avrebbe infuso le persone di coraggio, e quando le persone sarebbero diventate più coraggiose, avrebbero avanzato ulteriori pretese.   

Quei documenti rivelano anche una statistica interessante: ebbe luogo una forte crescita del numero dei cosiddetti crimini religiosi – la legge dell’Unione Sovietica fu molto rigorosa e qualsiasi violazione fu considerata un reato. Riguardava non solamente i cattolici e i greco-cattolici, ma anche gli evangelisti e altri gruppi religiosi che avevano iniziato a praticare la loro religione in modo più libero e pubblico. Dal momento in cui Giovanni Paolo II fu eletto Papa e fino al 1982 il numero dei “crimini religiosi” crebbe di cinque volte. Il pontificato diede loro un impulso fortissimo e ciò illustra come le persone nell’URSS abbiano reagito all’appello di Giovanni Paolo II “Non abbiate paura!”: hanno smesso davvero di impaurirsi.     

Va anche spiegato come le informazioni sul pontificato di Giovanni Paolo II raggiungevano la Belarus, l’Ucraina e la Lituania. A ciò contribuì sia una considerevole crescita del numero dei programmi di “Radio Vaticana”, che trasmise anche in bielorusso, russo, ucraino e lituano, sia il fatto che “Radio Vaticana” era meno bloccata dal regime rispetto a “Radio Liberty”. A partire dall’agosto 1980, quando in Polonia ebbe luogo una svolta legata al “Solidarność” (Solidarietà), si stabilì un altro canale di prossimità tra l’allora pontefice e il popolo, con la trasmissione delle messe religiose via radio. La radio polacca effettivamente trasmetteva anche a Lviv, quindi le parole del pontefice raggiunsero anche Kyiv. Allo stesso modo, si poteva guardare la televisione polacca. Ciò si inquadrava nella cornice storica del pellegrinaggio di Papa in Polonia, nel 1979, e della svolta legata al “Solidarność”, nel 1980. Possiamo affermare che Papa Giovanni Paolo II ha formato la coscienza dell’Ucraina occidentale, della Belarus e Lituania, il che è rispecchiato nei documenti conservati nell’archivio del KGB.      

La foto principale: CNS/Chris Niedenthal. Papa Giovanni Paolo II a Jasna Góra durante la visita in Polonia nel 1979.